L’azoto è ricavato direttamente dall’aria che respiriamo ogni giorno, composta dal 78 % di azoto, dal 21 % di ossigeno, da piccole quantità di anidride carbonica, idrogeno, elio, gas rari (argon, cripton, neon e xeno), vapore acqueo e sostanze inquinanti.
COS’È L’AZOTO
CENNI STORICI
L’azoto è stato scoperto verso la fine del 1700. Fino all’inizio del diciannovesimo secolo gli scienziati ritenevano per lo più che l’aria e i suoi principali componenti, ossigeno e azoto, fossero “gas permanenti” e non potessero essere mai ridotti allo stato liquido. Fu solo nel 1877 che Louis Cailletet in Francia e Raoul Pictet in Svizzera produssero nei loro laboratori alcune gocce bluastre d’aria liquida. In seguito, verso la fine del secolo, il tedesco Karl Von Linde e il francese Georges Claude elaborarono, indipendentemente l’uno dall’altro, tecniche per produrre aria liquida e separarne i componenti gassosi su scala industriale.
Queste due tecniche si basavano sugli stessi tre principi:
Il primo è che la temperatura alla quale un gas si liquefa varia a seconda della pressione esercitata su di esso;
Il secondo è che i gas si riscaldano quando vengono compressi e si raffreddano quando si espandono. Lo si può constatare osservando una capsula di anidride carbonica che trasforma acqua comune in acqua di soda: il gas viene compresso nella capsula a una pressione quattro o cinque volte maggiore di quella atmosferica e, una volta che il gas viene liberato nell’acqua della bottiglia, la capsula risulta gelida al tocco;
Il terzo principio dice che si può separare un liquido dai suoi componenti gassosi facendolo bollire. La parte più volatile s’innalzerà come vapore e potrà essere raffreddata e condensata riportandola allo stato liquido in un altro recipiente. È lo stesso procedimento seguito da un agricoltore che, per fare il brandy di mela, distilla l’alcol dal succo fermentato del frutto. La differenza tra questa operazione e il lavoro di un impianto per la separazione dell’aria consiste solamente nella temperatura, in quanto il punto di ebollizione dei gas dell’aria alla pressione atmosferica, che è anche il punto in cui diventano liquidi, è molto basso: 183° centigradi sotto zero per l’ossigeno e 196° centigradi sotto zero per l’azoto. Per arrivare a queste temperature, la tecnica ha dovuto fare miracoli.
Louis Cailletet
Raoul Pictet
Karl Von Linde
Il processo in un impianto per la separazione dell’aria ha inizio con giganteschi compressori che aspirano l’aria esterna e la filtrano da vapore acqueo, anidride carbonica e sostanze inquinanti.
Una volta purificata, l’aria è sottoposta a enorme pressione (fino a 20 volte superiore a quella dell’atmosfera) per potere poi essere espansa e usata come refrigerante. Poiché la compressione ne aumenta bruscamente la temperatura, l’aria viene fatta circolare attraverso unità refrigeranti e sottoposta a ulteriori trattamenti per poter arrivare a 80° centigradi sotto zero: a questo punto del processo, la pressione su quasi tutta l’aria è sei volte inferiore alla norma.
Espandendosi, questa massa d’aria raffredda il resto, che rimane sottoposto ad alta pressione, fino a 160° centigradi sotto zero. Comincia in questo momento la formazione di un liquido bluastro chiamato aria liquida, in seguito convogliata in un dedalo di tubi e di scambiatori, di pressioni che espandono e contraggono, di temperature che si alzano e si abbassano, fino ad arrivare alla distillazione: si elimina l’azoto con la bollitura ottenendo infine ossigeno puro.
La distillazione avviene in colonne di acciaio inossidabile dentro le quali sono accatastati centinaia di “vassoi”, ciascuno perforato da migliaia di minuscoli fori. Il gas sale attraverso i fori mentre il liquido, debordando dai vassoi, si riversa sul livello sottostante. Così facendo, il gas si arricchisce di azoto e il liquido di ossigeno. Tale processo, come tanti altri di questa industria, è invisibile.
Dovendo essere compiute a temperature così basse, le operazioni hanno luogo entro le pareti metalliche di una cosiddetta scatola fredda (cold-box), da cui può uscire azoto allo stato gassoso o liquido a seconda di dove e di come deve poi essere spedito.
L’azoto può essere trasportato sotto pressione in grandi contenitori e successivamente immagazzinato allo stato liquido sotto pressione oppure a pressione atmosferica in speciali contenitori isolati detti anche “Dewar”. L’isolamento di questi contenitori, minimizzando il flusso di calore verso l’interno del contenitore, riduce la perdita di azoto dovuta all’evaporazione del liquido: con questo sistema l’azoto liquido (-195,82 °C) può essere utilizzato come potente refrigerante.
Per ottenere temperature inferiori è in genere necessario l’utilizzo di elio liquido (-268,9 °C).